Shinobu Science Storie Brevi

Traduzione a cura di @IlFavolosoTarlo
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Breve storia scritta dal punto di vista di Shinobu pubblicata sul quotidiano giapponese Yomiuri Shinbun e successivamente raccolta nell’edizione Blu-ray di Onimonogatari.

In ogni racconto di questo “Yomiuri Monogatari” due personaggi della saga discutono su di un libro famoso, usandone il contenuto come spunto per affrontare temi riguardanti le filosofie di vita.


Nell’introduzione di “Io, Robot” di Isaac Asimov, troviamo le sue famose Tre Leggi della Robotica. Il libro in sé è una raccolta di storie brevi, ma tutte loro parlano delle relazioni tra umani e robot in rapporto con queste leggi. La storia che la me medesima, Oshino Shinobu, ha apprezzato di più è stata la sesta, Il robot scomparso. Il dolore di un robot schiavo di quelli inferiori a lui, e la determinazione a resistere agli umani approfittando delle piccole scappatoie nelle regole che governano la sua vita, sono state piuttosto eccitanti da leggere, anche per un vampiro come me che ha vissuto cinquecento anni.

“Mmh… Ora che me lo dici, ricordo che eri una grande appassionata di fantascienza, sorellona Shinobu. Immagino che un semplice mostro vissuto per molto tempo sia abbastanza affascinato dalle civiltà future.”

La Ragazza Bambola, shikigami di quel violento esorcista, Ononoki Yotsugi, annuì senza un accenno di espressione o emozione.

“Purtroppo, l’unica fantascienza che ho letto è Diaspora.”

“Non mentire.”

Stai cercando di vantarti?

Visto che questa bambina è sia una bambola che uno shikigami, è essenzialmente un robot, ma forse – a causa dei principi dell’esorcista violento – non sembra avere le Tre Leggi installate.

“Le Tre Leggi? Vuoi dire ciano, magenta e giallo?”

Nota: Gioco di parole tra “Le Tre Leggi” (sangensoku) e “colori primari” (sangenshoku)

“Quelli sono i tre colori primari. Inoltre non ricordo di averti mai permesso di chiamarmi con il ridicolo titolo di ‘sorellona Shinobu'”.

“Ma ti arrabbi ancora quando ti chiamo sorellona Shinobu.”

“Era una domanda…?”

“Comunque, l’unica fantascienza che ho letto è Diaspora.”

Sembra che sia ancora piuttosto orgogliosa di tale affermazione.

La sua testardaggine è uno spettacolo intrattenente.

“Mi trovo abbastanza interessata al tema degli esseri umani usati come strumenti per la convenienza della civiltà. Non pensi che gli umani, non nella fantascienza o nei robot, ma gli umani veri e propri, abbiano fondamentalmente una tendenza all’autodistruzione, insieme al progresso della propria civiltà? Non pensi che invece di avanzare… stiano degenerando? Invece di diventare più raffinati, vengono semplicemente eliminati. Penso sempre: ‘Tutti i prodotti del progresso scientifico che abbiamo dovrebbero renderci la vita più facile, ma non riusciamo mai a controllarli veramente’.”

“Beh, quando si considerano tutti gli umani insieme, sembra che le persone che ‘creano’ questi strumenti di convenienza per la società siano spesso persone diverse da quelle che ‘usano’ gli strumenti.”

È vero, con tutti i diversi prodotti del progresso scientifico che ci sono, non si può semplicemente raggruppare tutto quanto insieme. Detto questo, capisco quello che la bambola stava cercando di dire, in una certa misura. Forse la parola “autodistruzione” era un po’ troppo forte.

“Hai pensato che la parola fosse un po’ troppo forte? Mi dispiace. Non stavo cercando di prenderti in giro, sorellona Shinobu. Dopotutto, il tuo famiglio si è ribellato contro di te e ti ha lasciata come un’ombra pietosa di te stessa.”

“Che male alle orecchie.”

Non voglio sentirmelo dire da uno shikigami che non riesce nemmeno a controllarsi. Ma mi chiedo, se uno strumento usato dalla nostra civiltà come una macchina, o un cellulare, o una console, o un’arma, o qualsiasi altra cosa, fosse cosciente, vorrebbe essere usato dagli umani?”

Supponendo che essere controllati da un essere inferiore sia una disgrazia per lui e supponendo che accettare questo stesso controllo sarebbe un’esperienza fondamentalmente dolorosa… Potrebbe essere che l’essere invece controllati da un’entità perfetta, una che gli permetterebbe di usare le sue funzioni al massimo delle sue capacità, una che potrebbe donare un vasto mare di conoscenza, sia in grado di risultare un’esperienza accettabile?

“Questa è una supposizione senza senso. Nel mondo reale, se dovessimo dare alle macchine una coscienza staremmo parlando di fantasia, non di fantascienza, sorellona Shinobu.”

“Smettila di andarmi contro.”

Questa è un’altra cosa che non voglio uno tsukumogami come te mi dica.

In realtà, proprio tu dici una cosa del genere?

“In primo luogo…”, la bambola continuò, senza espressione e senza emozioni, senza prestare attenzione al mio sguardo critico (è tutto qui quello che caratterizza questa ragazza?).

“…Quell’essere perfetto farebbe comunque parte della fantasia. Non c’è modo che possa esistere veramente. Il desiderio della gente che esista ha di fatto peggiorato la società umana in misura maggiore o minore.”

“Mmh…”

Me lo stava dicendo la persona che non ha mai letto un libro.

Stavo per dire: “Perché preoccuparsi di usare un’espressione grossa e fantasiosa come ‘in misura maggiore o minore’, invece di un più semplice ‘più o meno’?” ma ero alquanto interessata al discorso della bambola, abbastanza da rimanere generosamente in silenzio.

“Sembra piuttosto interessante. Continua.”

“Non c’è molto per me da ‘continuare’. Stavo solo dicendo quello che mi è venuto in mente così su due piedi. Ma se proprio vuoi, direi che quell’essere perfetto sarebbe probabilmente il controllato piuttosto che il controllore, o l’usato piuttosto che l’usante.

È ovvio, no? Se la si guarda dal punto di vista del controllore, non avrebbe senso controllare un essere inutilmente inferiore.”

“Ahah, un padrone inutile con uno schiavo capace. Suppongo che entrambi sappiamo bene come non sempre i forti controllano i deboli.”

“Giusto. La ‘sopravvivenza del più forte’ è facile da capire, ma il rapporto tra il forte e il debole non è sempre così semplice. Si potrebbe dire che situazioni del tipo ‘Davide e Golia’ non sono rare nella nostra società.”

Il trucco per arrancare verso la cima della società è sapere come buttare giù quelli sopra di te. Questo è il modo in cui è ed è sempre stato. È quello che disse la ragazza bambola con un tono tutto sommato consapevole.

Sei un vassallo che progetta di rovesciare il suo signore?

E ‘arrancare verso la cima’ è stata di nuovo una scelta di parole piuttosto forte.

Ricordo che la “Associazione dell’Umanità” che appare in Io, Robot agiva in previsione di una ribellione dei robot, ma suppongo che non dovrei citarla in un discorso con la bambola che non ha mai letto il libro. Non è solo controllata dal violento esorcista, ma non sembra proprio essere cosciente del fatto che è gerarchicamente bloccata sotto gli umani. In realtà… ha una coscienza in primo luogo?

Anche se trovo abbastanza interessante che, senza una coscienza, sembri essere in grado di riflettere sulle cose. Ho la sensazione che questo abbia parecchie implicazioni.

“Mmh, sento che sto cominciando a perdere il filo di questa conversazione.”

“Immagino che tu sappia come ci si sente ora, ad essere stati inizialmente in cima per poi cadere in fondo.”

“Chi ha detto che ora sono sul fondo.”

“Ora che ci penso, essere un controllore non è una passeggiata nel parco, sembra più fastidioso di quanto pensassi governare su chi è più grande di se stessi. Ho quasi voglia di buttare via tutto e cadere giù per terra. È quello che hai fatto tu, vero?”

“…”

“Torniamo al nostro argomento originale, forse perdere le redini di qualcosa che hai creato da solo è solo parte di come funziona la natura. Gli umani hanno sviluppato la loro civiltà per fare le cose che non potevano fare da soli. Il mondo è semplicemente troppo difficile per loro, fin dall’inizio.”

“Anche così, non possiamo semplicemente tornare a vivere nelle caverne. Tutto quello che possiamo fare è cadere in rovina insieme alla civiltà creata.”

“Spero che alla fine la civiltà sia tutto ciò che resterà.”

Disse senza un accenno di sorriso sul viso, una specie di battuta che nessuno avrebbe trovato divertente. Un po’ di tempo fa probabilmente avrebbe aggiunto “Dissi con uno sguardo posato”. Anche se aveva ragione, nel nostro mondo reale dove non ci sono le Tre Leggi (al contrario del futuro immaginario di Asimov in Io, Robot), l’umanità e la scienza potrebbero non essere in grado di coesistere per sempre.

Ho iniziato a immaginare.

Ho immaginato un mondo dove gli umani erano scomparsi… dove tutti erano scomparsi da tempo, un mondo caduto in un annientamento provocato da se stesso. Un mondo che sarebbe caduto in rovina anche senza di me. E in effetti, sembrava un luogo che sarebbe stato dominato dai complessi e bizzarri strumenti della civiltà, piuttosto che da spiriti malvagi e mostri. E così mi limitavo a fissare con orrore un tale mondo, e a dire…

“…Che meraviglia.”

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