Nekomonogatari Shiro Tsubasa Board

Traduzione a cura di @IlFavolosoTarlo
Seguilo su La Cantina del Tarlo e Tarlami


Monogatari ha avuto una rubrica sullo Yomiuri Shinbun, un quotidiano giapponese a tiratura nazionale che è anche il giornale più diffuso tra tutte le testate del mondo. Il motivo della presenza di questa rubrica è che lo Yomiuri è patrocinatore del premio letterario Yomiuri-bungaku (tra i vincitori ci sono stati Mishima e Murakami), ed è stata poi raccolta nell’edizione Blue-ray di Onimonogatari.

In ogni racconto di questo “Yomiuri Monogatari” due personaggi della saga discutono su di un libro famoso, usandone il contenuto come spunto per affrontare temi riguardanti le filosofie di vita.

Questa serie di racconti non ha cronologie precise, ma in “Tsubasa Board” non siamo prima di Nekomonogatari Shiro (Tsubasa Tiger) per via del rapporto amichevole tra Hanekawa e Senjougahara, perciò prendetela come serie di riferimento.


In “3001: L’Odissea finale”, l’ultimo libro della serie in quattro parti “Odissea”, l’autore Arthur C. Clarke definisce un intellettuale come “un uomo che ha ricevuto un’educazione al di là del proprio intelletto”. Come qualcuno che ha vissuto tutta la sua vita stipando conoscenza e informazioni nel suo corpo, come qualcuno che sta morendo di fame e cerca di sopravvivere. Quando ho letto questa definizione per la prima volta, mi sono sentita come se il mio stesso nome venisse citato. Non ne avevo dubbio.

Ricevere un’educazione non è necessariamente una buona cosa, né lo è avere conoscenza. Sapere qualcosa e non metterlo in pratica è esattamente come non saperla.

“In realtà, a volte sapere troppo potrebbe essere uno svantaggio più grande, Hanekawa. Hanekawa Tsubasa. Quando si è legati a tanta conoscenza, che però è superficiale, non si può intervenire davvero. La maggior parte delle persone invece si specializza”, disse Senjougahara in risposta alla mia introduzione.

“C’è da dire che viviamo in una società sovraccarica di informazioni. Se provi a chiedere una cosa te ne verranno insegnate dieci. Ti verranno insegnate cose che non vuoi nemmeno sapere. Al giorno d’oggi, il diritto di insegnare agli altri è valutato anche più del diritto di imparare, e abbiamo un sistema in cui a nessuno è permesso di vivere nell’ignoranza e nell’indifferenza. Nessuno si preoccupa di me a livello personale, mentre le informazioni esterne continuano ad affluire. Non sopporto tutti i piccoli consigli che il mondo sente di dover dare”. Continuò Senjougahara, con fare coinvolto.

Una volta gli imbroglioni cascavano nei loro imbrogli, ma credo che di questi tempi ci siano gli intellettuali a cascare nella loro conoscenza. Non c’è nemmeno bisogno di inventarsi piani astrusi, ormai la pura conoscenza porta naturalmente a fare le stesse cose.

“Hai ragione, ma anche ragionando così, probabilmente non si possono tagliare completamente le informazioni, Senjougahara. È certo che tutto quello che possiamo fare è aggrapparci a una tavola mentale per non affogare nella conoscenza.”

“Una tavola… certo è più affidabile che aggrapparsi alla paglia, ma non saprei… Per una come me, è come se quella tavola fosse piena di morsi.”

Senjougahara disse qualcosa che non capisco molto bene, mi chiedo se il significato fosse qualcosa come “essere impaziente” e “digrignare i denti”? Oppure, voleva dire che delle pause dovrebbero essere messe sull’afflusso, il torrente di conoscenza. Lei ha la forza di chiudere fuori il mondo. È una forza pericolosa, ma è una forza. Su questo non c’è spazio per i dubbi.

“A proposito di tavole, Hanekawa, il monolite che appare in 3001: L’Odissea finale, ha dato l’intelligenza all’umanità, giusto? Ci ha dato l’intelligenza e ci ha fatto evolvere.”

“Sì. Ma il monolite in sé non è né buono né cattivo. Sembra che né l’intelligenza né l’informazione abbiano alcun significato per lui.”

“Eh, alla lunga è un problema. Una volta che conosciamo qualcosa, significa che non possiamo più non conoscerla. Gli esseri viventi non possono andare contro l’evoluzione. Non possiamo espellere l’intelligenza che ci è stata infusa dal nostro corpo. Scoppieremmo se ci provassimo.”

Il desiderio “voglio vivere senza sapere” non si realizzerà mai.

Nel bene e nel male.

Siamo costretti a crescere fino a questo punto.

“Beh… non esiste niente di comodo come il poter eliminare del tutto dalla memoria le conoscenze e le informazioni che riteniamo inutili. Ma credo che tu abbia ragione. Piuttosto che nuotare contro qualcosa, è più una degenerazione proattiva, e piuttosto che essere una recessione è un declino.”

“…”

“Che c’è, Senjougahara? Ti sei ammutolita di colpo.”

“No, non c’è niente che non va. Niente. Niente di niente. Ma senza dubbio, quel tuo corpo potrebbe essere troppo pieno di conoscenza”, disse Senjougahara.

Senza nemmeno cercare di nascondere il suo genuino stupore.

“La maggior parte delle persone non sa nemmeno che “2001: Odissea nello spazio” ha tre seguiti. Hanekawa, tu sai davvero tutto, vero?.”

Prendendo spunto dal discorso di Senjougahara, ho risposto come faccio sempre.

“Non so tutto, so solo quello che so.”


Note

In questo racconto vengono citati diversi detti popolari giapponesi, probabilmente per ironizzare sulla critica alla conoscenza popolare:

“Chiedi una cosa e te ne verranno date dieci” (Ichi wo kiite juu wo shiru)

“Un complottista cade nei suoi complotti” (Sakushi, saku ni boreru)

“Un uomo che affoga riesce ad aggrapparsi anche alla paglia” (Oboreru mono ha wara wo mo katsumu)

Resta aggiornato
Notificami
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
Visualizza tutti i commenti